Ci sono stati degli avvenimenti eccezionali alla base di un tale splendore spirituale?

No, la chiamata del Signore si manifesta nella vita di Thérèse attraverso degli avvenimenti molto semplici. La vita le mostra passo dopo passo la volontà di Dio. Lei la riconosce dai desideri audaci che osa esprimere. Deve solo prenderne confidenza: il Signore è fedele; Egli non può ispirare dei desideri irrealizzabili; le circostanze della vita le permetteranno poi di capire poco a poco la reale portata del suo desiderio e così di sentire appieno la chiamata di Dio.

Thérèse si rallegra di questa condotta semplice del Signore nella sua vita. Lei non vuole che degli avvenimenti straordinari scoraggino i piccoli e gli umili dal seguirla sul cammino di una fede coraggiosa. In questo cammino si può sentire ad ogni tappa la voce del Buon Pastore, e crescere con come unico desiderio quello di seguirlo.

Thérèse, privata di sua madre, aveva trovato in sua sorella Pauline una seconda madre. Suo padre aveva associato al suo amore per lei un amore veramente materno (cf. f. 13 r°); tutta la famiglia d’altro canto offre a Thérèse, nella cornice dei Buissonnets, un ambiente protettivo e materno: lei è felice soltanto là! Il ruolo di Pauline è preponderante, e la sua partenza per il Carmelo provoca un profondo choc emotivo a Thérèse.

Durante la Pasqua del 1883, trovandosi dagli zii per l’assenza del padre e delle sue due sorelle Maria e Leonia, Thérèse cade in una malattia nervosa che costerna tutta la famiglia.

Prima di iniziare a scrivere i suoi ricordi, Teresa s’inginocchia davanti alla statua di Maria; questa statua proveniva dai Buissonnets ed era carica di una storia di grazie e di gioie familiari; agendo così, Thérèse resta fedele all’atto di consacrazione a Maria fatto il giorno della sua prima comunione; era stata scelta per pronunciarlo in nome di tutte le altre prime comunicanti:

“era giusto che parlassi io a nome delle mie compagne alla mia Madre del Cielo, io che così giovane ero rimasta priva della Madre della terra. Ci misi tutto il mio animo a parlarle, a consacrarmi a lei; come una bambina che si getta tra le braccia di sua madre e le chiede di vegliare su di lei.” (f. 35 v°).

Thérèse stessa stabilisce un legame tra la sofferenza causata dalla perdita di sua madre all’età di quattro anni e mezzo, ed il suo attaccamento alla Vergine Maria.

Non è stato anche il sorriso della Vergine che l’ha salvata dalla morte all’età di dieci anni?

Infine Lei dedicherà la sua ultima poesia a Maria (Perché t’amo, Maria), prima di morire, dopo aver offerto la sua corta vita a Cristo nell’ordine della Vergine:

“Al mattino della mia vita  m’ hai sorriso, vieni e sorridimi, Madre, è già sera! …” (P 54,25) Quando sua sorella maggiore Maria torna ai Buissonnets, non si stacca più da lei, riempiendola di costanti attenzioni, e Thérèse riversa su di lei tutto il suo bisogno di tenerezza materna.

Le è stata messa vicino quella famosa statua di Maria “che ha parlato due volte a Mamma” (f. 29 v°).

E Teresa le mostra tutto il suo sconforto. Il racconto che lei ci fa della disperazione che precede la grazia della sua guarigione è straziante. E’ il grido di una bimba che Thérèse pronuncia con crescente angoscia: “Mamma … Mamma …”. (f. 30 r°)

Sua sorella maggiore accorre e s’inginocchia vicino a lei, rivolta verso la statua, e subito dopo la seguono Céline e Leonia e fanno lo stesso.

Thérèse è nel baratro più profondo: “dal momento che non trovava alcun soccorso sulla terra, anche la piccola Teresa si era rivolta alla sua Madre del Cielo; la pregò con tutto il cuore di aver finalmente pietà di lei…” (f. 30 r°)

E’ allora che avviene il miracolo.

Teresa vede la Vergine Maria sorriderle. Colei che ci è stata donata da Gesù stesso, in segno della tenerezza materna di Dio, ha risposto al grido disperato della sua figlioletta.

Una nuova nascita.

Cos’è successo, infine?

Quando Thérèse, ristabilita, va a far visita al Carmelo per vedere sua sorella Pauline, le Carmelitane la colmano di domande sulla visione. Thérèse è sbalordita. Cerca di presentarla come fosse stata soprattutto una grazia spirituale di sicurezza interiore, la certezza d’avere in Maria la Madre più bella, più sorridente, più amorosa che si possa desiderare.

Ma lei che viveva nel delirio da molte settimane, non si sarà sbagliata? Questa domanda diviene la causa di un tormento interiore che si placherà soltanto 4 anni dopo, davanti alla statua di Notre Dame des Victoires a Parigi.

Thérèse ha la certezza, allora, che Maria le ha sorriso al capezzale.

Difatti, non fu in quell’ momento che ritrovò la forza di riprendere fiducia nella vita e di accettarne la dolorosa realtà, con le sue separazioni ed i suoi morti?  Riconoscere ciò è come una seconda nascita.

Dopo aver ricevuto, con il sorriso di Maria, la grazia di vivere, ne resta profondamente colpita nel suo essere.

L’importante non è sapere se Thérèse ha avuto una visione o un’allucinazione, ma la fiducia nella vita che lei ha ricevuto tramite Maria.

Lei ha compreso che, attraverso Maria, Dio non lascerà mai morire l’amore materno di cui lei ha un bisogno vitale.

Ciò che è ammirevole in quest’avvenimento, è che la grazia Mariana sia in grado di raggiungere la sofferenza ad una tale profondità: questo è più miracoloso di una visione.

Nel contesto di una malattia che colpiva fino alle radici la sua personalità, è da Maria che riceve la grazia di sorridere di nuovo alla vita

Una luce per tutta l’esistenza.

Lei manifesterà la sua riconoscenza associandosi ai  “figli di Maria”, nonostante i sacrifici che ciò richiederà. Diventando carmelitana, sarà felice di entrare nell’ordine della Vergine e di portare il suo abito. Avvicinandosi la fine del suo itinerario terrestre, consacrerà a Maria la sua ultima e più lunga poesia:

“Al mattino della mia vita  m’ hai sorriso, vieni e sorridimi, Madre , è già sera!” (P 54,25)

Così il sorriso di Maria ha illuminato tutta la vita di fede di Thérèse. Lei, che fu ferita così in profondità nei suoi affetti, al punto di perdere la ragione e quasi la vita, grazie a questo sorriso ha ottenuto la grazia di una rinascita.

Colmandoci con il suo Spirito, Dio vuole anche donarci, rinati alla vita, la sua tenerezza.

Maria ci permette di scoprire questo mistero, Lei che si donò completamente allo Spirito Santo e che ricevette da Gesù sulla croce, la missione di essere nostra Madre.

Il sorriso di Maria è più vero di tutte le ferite che c’infligge la vita.

Questo sorriso può aprire alla fiducia il cuore di tutte le sofferenze umane e riportare in vita la profondità dell’uomo!

All’inizio, il sorriso

C’è una dimensione innata del sorriso in tutta l’esistenza umana.

Nelle regressioni provocate dalla sofferenza, possiamo, come Teresa, raggiungere nel più profondo il sorriso di Maria, per rinascere nella fiducia e nella speranza: lasciare sgorgare quelle dolci lacrime che liberano delle lacrime molto amare.

Contempliamo, per questo, Maria nel Vangelo, silenziosamente presente, che  conserva tutto nel suo cuore. (cf. Lc. 2,19.51)

Maria, nostra silenziosa memoria delle meraviglie di Dio, ci unisce, infatti, in questa dimensione fondamentale della nostra storia umana: l’esperienza del sorriso.

Il sorriso di Maria appare dunque come fondamento dell’esistenza e promessa del suo compimento in Dio, come segno dell’amore di Dio per noi. La nostra esperienza umana si radica così nell’esperienza di fede. Il sorriso della Madre è ciò su cui riposa la nostra esperienza di Dio. Esso diviene, tramite Maria, Rivelazione del mistero di Dio, come amore premuroso e incondizionato.

Questo sorriso rende possibile il tormento del lutto ed il consenso alla separazione, sulla base di una fondamentale fiducia.

Il bambino sa che non sarà mai abbandonato. Il credente sa che la Resurrezione è il significato della croce. Per passare da questo sorriso innato all’espressione adulta della fede evangelica è necessario un travaglio. C’è, infatti, un passaggio frequente attraverso un uso idolatrico di certi aspetti della fede.

Proiettiamo su tale aspetto del mistero il nostro desiderio d’onnipotenza, che è disconoscimento della morte e della fine.

Grazie al cammino della fede vissuto nella chiesa, integriamo tutte le dimensioni del mistero, ma la scoperta iniziale resta vera; lo è più che mai, poiché è arricchita da tutte le altre dimensioni del mistero della fede. Il sorriso di Maria diviene un segno proprio del Mistero di Dio, allorché Maria è contemplata in piedi sotto la Croce.

Il ricorso alla figura materna di Maria, allora, non conduce ad un diniego della sofferenza e della morte. I Vangeli dell’Infanzia fanno essi stessi quest’opera, annunciando già la Passione e la Morte di Gesù.

Sin dal principio, il servizio

Teresa mostra come lei stessa ha compiuto questo travaglio di fede, col suo poema dedicato a Maria (Perché t’amo, Maria.).

La sua meditazione è illustrata unicamente dal suo modo di scrivere, insolito rispetto a quello della Chiesa dei suoi tempi.

Passiamo così dalla rappresentazione di una madre onnipotente, capace d’assicurare la vita alla sua figlioletta minacciata d’annientamento, alla visione di una donna che visse nella notte della fede e servì umilmente la sua famiglia.

“Non sono i lavori di Marta che Gesù biasima: a questi lavori, la sua Madre divina si è umilmente sottomessa per tutta la sua vita poiché doveva preparare i pasti per la Santa Famiglia. ” (Ms.C 36 r°)

Invece di idealizzare Maria, Thérèse vede in Lei una donna semplice, e molto vicina a noi nel quotidiano. Così Maria è nostra madre, nello stare attenta ai nostri bisogni, ma soprattutto nel donarci Gesù. Noi possiamo anche riconoscerci in Lei, poiché Lei ha conosciuto la sofferenza, ed in questo Lei è prima di tutto nostra sorella. Maria, nostra sorella è, infatti, un modello imitabile da tutti i cristiani: modello di carità nell’umile servizio al prossimo, modello di speranza con il suo silenzio nelle difficoltà, modello d’esaltazione nella lode (Lc. 1,46-55) e di preghiera umile e confidente (Gv. 2,1-12), modello di perfetta donna cristiana.