Teresa e la preghiera, tutta una vita: dai «pensieri profondi» all’«immersione in una vera e propria orazione» dietro il letto, ancora bambina. Ben oltre «le preghiere». Nella prima Comunione (1883) sperimenta «il primo bacio di Gesù», una vera «fusione». Pregare, per lei, vuol dire «immergersi nell’infinito». Con Celina sperimenta (1887) stati simili alle “estasi” di santa Monica e Agostino. Poi entra al Carmelo, dove tutte “pregano” molto. Prega con loro. A luglio 1890 sperimenta un’intera settimana di uno stato che chiama «volo di spirito», come nascosta «sotto il velo della santa Vergine».

A giugno 1895 ha una «ferita di fuoco» dopo una comunione. La sua preghiera si allarga ai confini della Chiesa e del mondo intero, ma “le preghiere” recitate in comune sono per lei una «vera penitenza». Solo nel Vangelo, letto e rimasticato nel cuore, trova un po’ di riposo. Poi, negli ultimi due anni, neppure in quello. Sopravviene una lunga stagione di aridità totale e silenzio di Dio. Non si stanca ed elabora una sua definizione: «Per me la preghiera è uno slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il cielo, un grido di riconoscenza e d’amore in mezzo alla prova…».

Il suo fisico fragile, da anni non ce la fa, e l’”aridità” totale durerà fino alla morte: durante l’orazione, due ore al giorno, e durante i ringraziamenti alla comunione, lei, letteralmente, “dorme”. Lo riconosce, lo dichiara, e ne ricava la lezione più preziosa: «Dovrei desolarmi… Non mi desolo». Ecco le due ragioni, tutte sue, geniali e profondissime: «i figli piccoli piacciono ai genitori anche quando dormono», e «i medici, quando vogliono operare un paziente, lo addormentano». La preghiera è innanzitutto “azione” di Dio. A noi tocca offrirci totalmente, e slanciare il cuore verso di lui, quali che siano i nostri limiti. Il resto – efficacia della preghiera e della stessa missione – è affare suo.