ASCENSIONE  DEL SIGNORE

Att 1,1-11;  Sal 46;  Eb. 9,24-28 ; 10,17-23;  Luc 24,46-53

“Non solo sarò sempre con voi, ma tornerò da voi”

Oggi Dio desidera donare anche a noi un poco almeno di questa grande gioia dei discepoli. Ne abbiamo certamente bisogno. Più si avanza nella vita infatti, più ci si accorge che le grandi gioie sono rare, se pure ne rimangono, e questo perché il grande sogno di ciascuno di noi, quello che si chiama con una parola tutta umana e anche tutta religiosa, la speranza, lentamente ha abbandonato il nostro cuore.

Perché la Chiesa oggi ci chiede di vivere solennemente l’evento di questo ascendere di Gesù alla Gloria? Perché ci chiede di fermare qui la nostra attenzione? Non certamente per il fatto fisico di un’Ascensione che non è che un segno, ma per il suo significato straordinario. Il Signore Gesù, secondo la logica di Dio, termina il suo cammino e ci lascia l’incarico di procedere nella vita con la forza che ci ha procurata questo suo cammino.

Per capire il senso di questo elevarsi al di sopra della terra dove noi viviamo, serve una  parola del Vangelo: “Mentre li benediceva si staccò da loro”. Evidentemente qui non si tratta di uno staccarsi fisico: c’è molto di più di questo andarsene apparente.

“Da che cosa ti stacchi Gesù? Ci abbandoni?”. “No, non vi abbandono, ho detto che sarò con voi fino alla fine dei tempi”. “E allora?”. “Allora non mi stacco da voi, mi stacco dal modo mondano di vivere”. E’ davvero così: Dio ha mandato il suo Figlio, Verbo eterno in mezzo a noi. Egli è venuto continuando a pensare come Dio, ad amare come Dio. E davanti al sistema della vita umana non lo ha analizzato come un filosofo, ma lo ha contraddetto e vinto come un Uomo dal cuore traboccante di compassione e di pietà.

“Il vostro sistema è sbagliato,” – Egli ci ha detto con le parole e con i fatti -  “perché troppi di voi, a causa di esso, affondano nel dolore e nel fallimento della vita”. Tutta la storia di Dio sulla terra è questo grande rivelarci che l’ordinamento del mondo non risponde al suo progetto per noi. Può apparire tale per alcuni uomini, certo, ma per l’uomo, no! Egli lo ha detto con molta chiarezza: “Non puntate sulla vostra gloria, non cercate di dominare, non cercate di arricchirvi, non cercate i primi posti, perché se cercherete tutto questo, alcuni di voi lo troveranno, ma milioni di altri saranno sacrificati. Per questo io, che amo tutti, condanno questo modo perverso di essere uomini”.

L’ha detto, e coloro che erano in  quel  tempo, come in ogni tempo, i primi responsabili e i protagonisti del sistema sbagliato hanno cominciato a percepire una insofferenza sempre più grande verso di Lui, quindi la sua storia pubblica è finita rapidamente: lo hanno buttato fuori dalla città e lo hanno ucciso, sperando che con la sua morte tutto finisse e con Lui scomparisse anche il suo messaggio. Ma Egli era Dio, è tornato in vita e le sue parole con Lui.

Ormai tutto è compiuto, Gesù si stacca dalla terra, ma il messaggio rimane per gli uomini che devono continuare la storia: “Riceverete potenza dall’alto, la mia verità e la mia forza di amare e, come ho fatto io, andrete ad annunciare a tutti che il sistema del mondo, che sacrifica, che opprime, che uccide, è perverso. Lo direte con schiettezza, rimedierete con le parole e con i fatti, e forse crocifiggeranno anche voi, ma non abbiate paura! Datemi testimonianza.”

Questo è già un forte avviso anche per noi. Noi che siamo credenti in Cristo. E’ sperabile che non siamo protagonisti di nessuna grande perversità, ma dobbiamo riconoscere che questo staccarsi dal peccato riguarda anche noi: “Ti vogliamo seguire, Signore: avevi ragione prima, avevi ragione sulla croce e hai ragione adesso, risorto e glorioso. Tu sei Dio, e ci lasciamo oggi elevare, purificare, perché forse anche noi siamo colpevoli di cose che in qualche modo fanno ancora patire gli altri e li umiliano, e te ne chiediamo perdono”. Gesù si stacca da noi, ma non ci abbandona: “Non dimenticate: io mi sono staccato dal sistema che distrugge l’uomo, perché l’uomo io l’ho creato e lo amo e l’ho salvato. Siate dalla mia parte!

Possiamo dunque dire che sì, saremo dalla sua parte, nella vita di tutti i giorni, nei progetti, nelle intenzioni, nei modi e nei rapporti con il prossimo. Ci sono mille maniere di vivere il Vangelo quotidianamente, lo Spirito le suggerisce. Ma insieme Gesù ci ha lasciato anche la consolazione profonda della sua promessa e del suo invito: “E’ così vero che il mio distacco non è un abbandono, che, non solo sarò sempre con voi, ma tornerò da voi”.

Noi viviamo infatti in un tempo di libertà e di attesa. Conosciamo ciò che Dio ci chiede per il bene di tutti; lo faremo, se vorremo. Poi Egli verrà, e ci confronteremo con il suo cuore e con la sua giustizia di amore, e chi di noi sarà stato perseverante sarà per sempre insieme con Lui.

Nel racconto degli Atti osserviamo una specie di contrasto: “Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme”: Gesù è a tavola, a pranzo, e, dopo questa scena così familiare e semplice, “fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse ai loro sguardi”.

Qual è l’invito? “Io mi sono seduto alla vostra mensa ed ho mangiato il vostro pane, ora invito voi a sedere alla mia mensa, per sempre, al mio banchetto – come spesso diceva nel Vangelo  – alla mia festa che non ha fine”. E’ un bel modo di ricambiarci: “Voi mi avete accolto nel piccolo e nel poco. Mi sono seduto a tavola da voi e ho gradito il vostro povero pane, ma nella casa di mio Padre ci sono molti posti. Vado a preparare il posto anche per voi ed allora vedrete che cosa voleva dire la speranza che vi ho messo in cuore”. Non dimentichiamo questo invito di Dio. Non dimentichiamo la provvisorietà delle cose; soprattutto, ricchi della nostra stessa esperienza, sappiamo ringraziare Dio, l’unico capace di soddisfare tutta la nostra speranza.

E’ un mistero la speranza! Chi può farne a meno? Ma rispetto ai nostri desideri e alle attese umane, che ci stimolano e nello stesso tempo non riescono mai in questo mondo ad essere realizzate compiutamente, la misura della speranza che Gesù ci offre è infinitamente più grande e più consolante.

La vita umana è fatta così: portiamo dentro certe parole che ci superano: verità,  giustizia, libertà, ma più grande è la speranza. Fin che viviamo qui, cerchiamo, spesso senza riuscirvi, di realizzare le nostre speranze, ma solo la speranza che Dio ci offre non ci deluderà. Gesù non ha avuto verso i ricchi, i potenti, gli ambiziosi un atteggiamento di avversione, di disprezzo, ma di grande compassione e, sconvolgendo le categorie di questo mondo, ha detto: “E’ meglio servire che essere serviti: beati i poveri! Non vi illudete: quando sarete giunti dove volete giungere, non sarete felici, perché solo Dio può rendere felici”.

Oggi, a questo Signore, il quale è andato a prepararci il posto, diciamo dunque un grazie pieno di slancio e gli rivolgiamo una preghiera: “Signore, aiutaci col tuo Spirito a sollevare la nostra speranza, meditando la gioia del tuo Regno in ogni momento della nostra vita, non solo quando ci ritroviamo qui in chiesa, o in qualche altra rara occasione. Saremmo tanto più in pace, liberi, generosi e buoni se alimentassimo il cuore a questa eternità che ci aspetta e che non ci estrania affatto dal mondo”.

Non è un segreto che i più grandi servi degli uomini, i Santi e le Sante, erano traboccanti di speranza, sapevano le ragioni del loro operare. Spesso noi non le conosciamo. Così chiederò anche in questa Eucaristia che a ciascuno di voi Dio offra una verifica ed un supplemento della nostra speranza, un modo serio, non ingenuo, ma tranquillo e profondo di pensare il Regno verso il quale siamo incamminati, una gratitudine perché Dio è Colui che non ci delude. Ravviviamo la speranza, per noi e per gli altri, e mai lasciamoci tentare di disperazione, memori della parola di Dio: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi consolerò”.

Don Pollano