Anche Teresa di Lisieux ebbe più volte l’incarico di animare la ricreazione natalizia della sua comunità carmelitana. Per il 25 dicembre 1895 scrisse una serie di piccole poesie, da recitare in un’azione simbolica comunitaria. Dopo cena ogni monaca, a partire dalla priora, in ginocchio davanti a Gesù Bambino, doveva sorteggiare da un cesto un biglietto fra quelli che Teresa aveva scritto in precedenza e consegnato ad una consorella, vestita da angelo, che avrebbe cantato la piccola strofa corrispondente. Ogni biglietto faceva riferimento a un dono simbolico chiesto da Gesù a ciascuna consorella.
Nella sua immediatezza e semplicità, il ricorso al simbolo lasciava ad ogni monaca un ricordo efficace di quella celebrazione e un impegno concreto da portare nella vita. Ad una monaca Gesù Bambino chiedeva semplicemente un sorriso: “consolate, cara sorella, il Bimbo che tende le braccia” ; in che modo? le chiede un impegno nella carità: “quando ad una sorella sorridi, quel Sorriso, Sposa diletta, mi basta ad asciugarmi il pianto “).
Teresa non dimenticherà che a lei era toccato il simbolo del grappolo d’uva; ormai malata, nell’infermeria del suo Carmelo, si dichiarerà disposta ad essere spremuta perché il piccolo Gesù potesse dissetarsi di quel dolce succo. Il primo regalo dell’intera composizione è un trono d’oro: il Bambino non accolto deposto in una stalla, ha bisogno del cuore di una sorella per poter trovare il suo riposo; chi glielo può negare?
Un’altra sorella dovrà portare al piccolo Gesù del latte per dissetare la sua sete; Egli non cerca cibi deliziosi: Gli basta quel latte che Teresina identifica con la semplicità, capace di far innamorare il Salvatore. A Lui la santa mette in bocca queste parole: “La semplicità io amo. Natale, Natale! Io discendo dal cielo, perché sei tu il mio latte d’amore! “. Per Gesù Bambino viene chiesto anche uno specchio, poiché ogni bimbo è felice di stare davanti ad uno specchio, credendo di vedere in esso un altro bambino; lo specchio capace di ridestare il sorriso di Gesù è un’anima trasparente come il cristallo, in grado di riflettere fedelmente l’immagine del Verbo: “siate voi immagine viva, uno specchio terso dello Sposo vostro “.
Ad una consorella tocca in sorte di essere un giocattolo nelle mani di Gesù Bambino (cfr. str. 12), un’immagine cara a Teresa, da lei più volte ripresa nei suoi scritti come simbolo di abbandono. Il programma affidato a questa sorella consiste semplicemente nel “rimanere nella manina ” di Gesù Bambino: “se vi accarezza quel Bimbo amabile, se Egli al suo Cuore vi stringe forte e se poi talvolta vi trascura, sempre rallegratevi di tutto “. Si tratta di imparare ad abbandonarsi, ad accettare tutto dalle mani di Gesù. In un altro caso vengono chiesti dei dolci (sacrifici e rinunce) con cui riempire in fretta la piccola mano di Gesù , o una semplice carezza (niente di più!), espressione di tenerezza nei suoi confronti o nei confronti delle sorelle, dal momento che Gesù vuole identificarsi con loro .
Poi invita a prendere Gesù Bambino per la gola: “ben sapete che tutti i bimbi preferiscono un bel dolce alla gloria di un impero “. La conclusione viene di conseguenza: offritegli una bella torta! E’ la disponibilità pronta e generosa, l’obbedienza a ciò che che Egli si attende da noi. A cosa servirebbe promettergli mari e monti, o sforzarci di accumulare tanti meriti, se questo non corrisponde ai suoi desideri? La stessa disponibilità si può cogliere nel simbolo della strofa 7: “siate per Lui una ridente valle “, offrendogli cioè, con l’abbandono fiducioso, il desiderio di lasciarsi illuminare e riscaldare dal Sole divino.
L’elenco potrebbe proseguire con una serie impressionante di simboli: gli uccellini, una lira, delle rose, dei mietitori, un cuscino, un fiore, un palazzo, una corona di gigli, una culla, del fuoco, del miele… Al di là dell’espressione un po’ ingenua e infantile, che può in certi casi urtare la sensibilità del lettore moderno, vi sono almeno tre punti di contatto con quanto abbiamo visto precedentemente.
Innanzitutto il modo di guardare a Gesù Bambino, considerando come Egli si propone nell’Incarnazione: è un bisognoso in cerca d’amore. Teresa intitola il suo poemetto: “Il Piccolo mendicante divino di Natale che chiede l’elemosina alle Carmelitane “; siamo sempre nella linea di Colui che viene per donare, ma si abbassa fino a mendicare umili e semplici doni. Anche a Natale è importante la dimensione dell’ascolto: non avere fretta di offrire qualcosa a Gesù, ma mettiti in atteggiamento di ascolto, chiedendoti quali doni si attende da te.
Il secondo aspetto è l’unità profonda fra preghiera e vita concreta, in particolare fra preghiera e ricreazione. Il modo teresiano di vivere semplicemente questi momenti nell’intimità familiare dimostra che la preghiera può essere generatrice di cultura, di fantasia e di gioia, e che d’altra parte la festa, la condivisione e la ricreazione possono essere vissute in un clima di preghiera.
Anche Teresa di Gesù Bambino, infine, fa abbondantemente ricorso al mondo dei simboli, alla libertà e spontaneità di espressione. Perché non provi a concretizzare anche tu in qualche forma particolare la tua preghiera di Natale? Non è tanto importante ricopiare i simboli di qualcun altro, quanto piuttosto cercare e creare tu stesso i tuoi simboli.

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