Tonini: «Scandali? La risposta
è nella testimonianza»
Il New York Times attacca, lo Spiegel chiede le dimissioni del Papa, nella stampa internazionale la Chiesa cattolica è dipinta come un’associazione losca e menzognera. Ma il cardinale Ersilio Tonini, 95 anni, che pure alla sua età legge i giornali ogni mattina, non è preoccupato. «Non mi meraviglio affatto. L’odio contro la Chiesa c’è sempre stato. Ne ho ben memoria io, che sono stato bambino in Romagna negli anni Venti. Mi ricordo quando cominciavo a servire messa e nei campi un vecchio bracciante mi disse in dialetto: “Ragazzo, ma non vorrai mica andare prete? Guarda che son tutte bugie quelle dei preti, quelli badano solo a mantenere la loro bottega”. L’odio anticristiano c’è sempre stato, ci è stato, anzi, promesso; e non mi stupisco quando lo vedo. Anzi, al contrario, c’è da preoccuparsi quando la Chiesa è riverita e osannata».
Quindi il fatto che lo Spiegel chieda le dimissioni del Papa non la colpisce.
Per niente. Lo Spiegel, il New York Times fanno il loro mestiere. Parlano la lingua della politica e dell’economia, del potere, e non ne capiscono altre. La testimonianza della Chiesa oggi è rimasta la grande istanza che contraddice queste logiche, che pretende di essere un riferimento spirituale per gli uomini, e di formare le coscienze dei ragazzi. E un ragazzo che sia davvero cristiano è meno manipolabile dal potere degli altri. È naturale che la Chiesa sia considerata un’avversaria.
Però è comprensibile che ci sia smarrimento, tra i fedeli, nel sentire accusare il Papa di avere ignorato dei casi di pedofilia tra i sacerdoti.
Comprendo lo smarrimento di fronte a certi veleni, ma occorre che diciamo alla nostra gente di non avere paura. Ora che gli anni mi costringono a una vita un po’ più tranquilla rileggo le Lettere di Paolo, e sant’Agostino. È una evidenza nella storia della Chiesa che i tempi della avversità sono quelli più grandi, quelli in cui ci è chiesto di affrontare la sfida.
Di andare in battaglia, dunque?
Sì, ma non nel senso di rispondere allo schiaffo, non nel senso di sentirci perseguitati e di arroccarci su di noi. La risposta dei cristiani è la testimonianza. Occorre che ognuno, per quanto gli compete, sia più di prima testimone di Gesù Cristo. Senza avere paura, e nella consapevolezza che proprio la calunnia, l’ostilità devono spingerci a essere più fedeli a Cristo, a testimoniarlo con chiunque ci incontri.
Però pensiamo alle conseguenze di un attacco mediatico di queste proporzioni. Non susciterà in alcune madri almeno il dubbio che i figli vadano tenuti lontani dagli oratori? Non è particolarmente velenoso, il sospetto gettato a allontanare i bambini?
È vero, è possibile che questo rischio ci sia. Ma, dopo avere letto i giornali, quelle madri penseranno al prete che regge la loro parrocchia. Alla sua faccia: che conterà più dei titoli. Ancora una volta vincerà la testimonianza personale, da uomo a uomo, che è il grande metodo con cui il cristianesimo si tramanda. E poi non dimentichiamolo, perché spesso invece lo dimentichiamo, che il destino della Chiesa lo opera Dio. Dio pensa alla sua Chiesa, ricordiamoci di questo.
Nell’anno sacerdotale che Benedetto XVI ha indetto nella memoria del curato d’Ars per la santificazione dei sacerdoti viene alla luce il dramma nella Chiesa irlandese, viene scritta dal Papa una lettera drammatica ai cattolici di quel paese, i media internazionali si accaniscono contro la sua stessa persona. Come interpreta questa coincidenza?
La interpreto proprio come un richiamo di Dio, e anzi una grazia. Le grazie non sono sempre doni lieti di cui compiacerci: sono anche le prove che sfidano, e che ci fanno ritrovare le ragioni della nostra fede.
Cosa direbbe, a un sacerdote avvilito dalla lettura dei giornali?
Che la Chiesa sa che la stragrande maggioranza di loro è fatta di uomini buoni e generosi. Che questo non è il momento dell’avvilimento, ma di lavorare di più, di essere padre per tanti ragazzi”.
E alle famiglie, invece?
Ai padri, alle madri direi di non preoccuparsi delle calunnie, ma di aiutare i figli ad ascoltare se stessi e il desiderio più vero e profondo del loro cuore. Ciò che nessuno, all’infuori della Chiesa, insegna più a riconoscere.
E al Papa, eminenza, cosa direbbe, quasi da fratello più anziano, in questo momento amaro?
Gli direi che anche questi attacchi confermano che questo è un momento straordinario nella storia della Chiesa. Ma, ne sono certo, il Papa lo sa bene.
Marina Corradi

Tonini: «Scandali? La risposta è nella testimonianza»Il New York Times attacca, lo Spiegel chiede le dimissioni del Papa, nella stampa internazionale la Chiesa cattolica è dipinta come un’associazione losca e menzognera. Ma il cardinale Ersilio Tonini, 95 anni, che pure alla sua età legge i giornali ogni mattina, non è preoccupato. «Non mi meraviglio affatto. L’odio contro la Chiesa c’è sempre stato. Ne ho ben memoria io, che sono stato bambino in Romagna negli anni Venti. Mi ricordo quando cominciavo a servire messa e nei campi un vecchio bracciante mi disse in dialetto: “Ragazzo, ma non vorrai mica andare prete? Guarda che son tutte bugie quelle dei preti, quelli badano solo a mantenere la loro bottega”. L’odio anticristiano c’è sempre stato, ci è stato, anzi, promesso; e non mi stupisco quando lo vedo. Anzi, al contrario, c’è da preoccuparsi quando la Chiesa è riverita e osannata».
Quindi il fatto che lo Spiegel chieda le dimissioni del Papa non la colpisce.Per niente. Lo Spiegel, il New York Times fanno il loro mestiere. Parlano la lingua della politica e dell’economia, del potere, e non ne capiscono altre. La testimonianza della Chiesa oggi è rimasta la grande istanza che contraddice queste logiche, che pretende di essere un riferimento spirituale per gli uomini, e di formare le coscienze dei ragazzi. E un ragazzo che sia davvero cristiano è meno manipolabile dal potere degli altri. È naturale che la Chiesa sia considerata un’avversaria.
Però è comprensibile che ci sia smarrimento, tra i fedeli, nel sentire accusare il Papa di avere ignorato dei casi di pedofilia tra i sacerdoti.Comprendo lo smarrimento di fronte a certi veleni, ma occorre che diciamo alla nostra gente di non avere paura. Ora che gli anni mi costringono a una vita un po’ più tranquilla rileggo le Lettere di Paolo, e sant’Agostino. È una evidenza nella storia della Chiesa che i tempi della avversità sono quelli più grandi, quelli in cui ci è chiesto di affrontare la sfida.
Di andare in battaglia, dunque?Sì, ma non nel senso di rispondere allo schiaffo, non nel senso di sentirci perseguitati e di arroccarci su di noi. La risposta dei cristiani è la testimonianza. Occorre che ognuno, per quanto gli compete, sia più di prima testimone di Gesù Cristo. Senza avere paura, e nella consapevolezza che proprio la calunnia, l’ostilità devono spingerci a essere più fedeli a Cristo, a testimoniarlo con chiunque ci incontri.
Però pensiamo alle conseguenze di un attacco mediatico di queste proporzioni. Non susciterà in alcune madri almeno il dubbio che i figli vadano tenuti lontani dagli oratori? Non è particolarmente velenoso, il sospetto gettato a allontanare i bambini?È vero, è possibile che questo rischio ci sia. Ma, dopo avere letto i giornali, quelle madri penseranno al prete che regge la loro parrocchia. Alla sua faccia: che conterà più dei titoli. Ancora una volta vincerà la testimonianza personale, da uomo a uomo, che è il grande metodo con cui il cristianesimo si tramanda. E poi non dimentichiamolo, perché spesso invece lo dimentichiamo, che il destino della Chiesa lo opera Dio. Dio pensa alla sua Chiesa, ricordiamoci di questo.
Nell’anno sacerdotale che Benedetto XVI ha indetto nella memoria del curato d’Ars per la santificazione dei sacerdoti viene alla luce il dramma nella Chiesa irlandese, viene scritta dal Papa una lettera drammatica ai cattolici di quel paese, i media internazionali si accaniscono contro la sua stessa persona. Come interpreta questa coincidenza?La interpreto proprio come un richiamo di Dio, e anzi una grazia. Le grazie non sono sempre doni lieti di cui compiacerci: sono anche le prove che sfidano, e che ci fanno ritrovare le ragioni della nostra fede.
Cosa direbbe, a un sacerdote avvilito dalla lettura dei giornali?Che la Chiesa sa che la stragrande maggioranza di loro è fatta di uomini buoni e generosi. Che questo non è il momento dell’avvilimento, ma di lavorare di più, di essere padre per tanti ragazzi”.
E alle famiglie, invece?Ai padri, alle madri direi di non preoccuparsi delle calunnie, ma di aiutare i figli ad ascoltare se stessi e il desiderio più vero e profondo del loro cuore. Ciò che nessuno, all’infuori della Chiesa, insegna più a riconoscere.
E al Papa, eminenza, cosa direbbe, quasi da fratello più anziano, in questo momento amaro?Gli direi che anche questi attacchi confermano che questo è un momento straordinario nella storia della Chiesa. Ma, ne sono certo, il Papa lo sa bene.

Marina Corradi

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