DOMENICA  DI  PASQUA

At 10, 34. 37-43; Sal 117; Col 3, 1-4; Gv 20, 1-9

“Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”

Oggi la Chiesa intera cerca di ricomprendere ancora una volta che cosa è accaduto quel mattino dopo il sabato, e noi siamo qui per uscire un poco dallo stile ordinario della vita e lasciarci coinvolgere dal mistero di Gesù, dall’entusiasmo delle grandi cose che Dio ha fatto e continua a fare per noi: siamo chiamati a entrare nel mistero della Pasqua.

Subito si nota nei Vangeli quanto questo evento sia stato davvero un’ indicibile sorpresa. Le pagine post-pasquali cominciano tutte con il tono del Venerdì Santo, tono di tristezza perché la morte è realtà tremenda e non si può superarla. E quando uccidono uno come Gesù, poi ci sono due modi di reagire: o si prendono le spade e lo si vendica, oppure si sprofonda in un  dolore assoluto, tutto solo rimpianto. E’ il clima del Venerdì Santo, spesso quello della nostra vita quotidiana: siamo troppo tristi, noi cristiani, di fronte alle innegabili difficoltà della vita.

Ma ecco l’annuncio dell’evento sbalorditivo: Gesù non è più nel sepolcro, è risorto. Unica volta nella storia in cui accade che sia l’ucciso a reagire alla sua uccisione: Egli, semplicemente, torna vivo. E’ un fatto del tutto incredibile dal punto di vista umano, nessuno se lo aspettava: il Venerdì Santo continuava a dominare.

Invece Egli torna. E a noi, che possiamo entrare nei grandi misteri, è dato di “vedere e credere” ancora di più e meglio. Come reagire, dunque?

Prima di tutto con una gratitudine suprema È il nostro cuore che lo guarda, lo capisce, lo coglie, e poi si scioglie in riconoscenza sconfinata: “Grazie, Signore!”. Egli si aspetta da noi questa parola. È un ringraziamento che diventa a poco a poco il nostro modo di pensare, e poi di vivere: “Signore, ti siamo grati che Tu ci sia e abbia fatto tutto questo per noi. Ricambieremo con l’esistenza intera”. Perché veramente in Lui risorto ci abbraccia la Vita.

Gesù di vita ha parlato continuamente, anzi si è definito “vita”. Usando parole del nostro lessico, Egli dava loro un significato molto più forte: suonavano uguali, ma acquistando un contenuto definitivo.

Ecco dunque Lui Vita, l’eterna vita che è Dio stesso. Egli ci crea, e noi provenendo da Lui e somigliandogli siamo vivi a nostra volta, in spirito e corpo. Lo spirito è immortale, la carne no: ogni uomo è così. E quando il Creatore diviene lui pure uomo, eccolo come noi in spirito e corpo mortale. Perciò i suoi nemici possono illudersi che uccidendo Gesù nel corpo, tutto sia finito, perché Egli è stato buttato fuori dalla scena di questo mondo. Ma il Creatore è la Vita, e se assume natura umana non può certo seguirne le sorti mortali scomparendo in un sepolcro; è la nostra natura invece, che obbedendo a ben altre leggi, dalla Vita è assorbita, tornando vivente – per sempre – e iniziando così l’esistenza umana glorificata.

E’ per questa potente logica di Dio che noi non cessiamo di rendere grazie.

La Vita che ci viene incontro, affinché anche noi possiamo essere vivi con lei.

Noi siamo sovente oppressi da sentimenti di morte, non solo quella fisica, ma quella che riguarda le idee, i progetti, le speranze, le attese…, ci sono mille modi di respirare la tristezza della morte. La Vita, invece, viene a dirci che noi non moriremo, che siamo già vivi: non dimenticatelo! A che cosa servirebbe altrimenti credere in un Gesù risorto?

C’è poi una seconda verità, nella Pasqua, e non meno consolante. Non soltanto la logica della Vita che nessuno può mai sopprimere, ma la vittoria del Signore, la vittoria del Bene. Chi ferma Dio? Nessuno. Dio vince, la Verità vince, il Bene vince. Pietro, con tanta chiarezza, in poche parole dice: “Dio era con Lui, essi lo hanno appeso alla croce, ma Dio l’ha fatto risorgere per confermare la sua verità”.

Qualche volta vi accadrà, di fronte al male del mondo, di essere non solo rattristati, ma buttati nel pessimismo. È così facile avere l’impressione che il male sovrasti, che sia il vero padrone di questo mondo! Gesù ha chiamato Satana il “principe”, e non è poco, però ha chiamato se stesso il “re”. Spesso lasciamo scivolare verso la sconfitta questo conflitto continuo tra il bene e il male, fuori di noi e nella nostra coscienza. Anche adesso, mentre parliamo di Lui, possiamo sentirci più sconfitti che vincitori, quanto a Gesù e quanto alla nostra vita morale. Il Signore, invece, viene a dirci: “Dio ha ragione: Io sono la Verità, Io sono il Bene. Sono venuto per consentirti, se tu vuoi, di vivere come me”.

Di conseguenza – altro immenso dono -  non si può guardare questo Gesù di nuovo vivo senza sentirci rivolgere una domanda: “Tu, che vivi adesso, mi accetti risorto dentro di te?”.

La Pasqua si celebra se si accoglie un Gesù che personalmente ci interpella, e siamo qui per permettergli di farlo. “La mia intelligenza e la tua rivelazione, Signore, come vanno d’accordo? La mia libertà e le tue proposte di vita, il tuo modo di essere umano e il mio modo di esserlo, come vanno d’accordo? Non mi meraviglio che non siano sempre in sintonia, quello che non voglio, Signore, è che fra te, il Risorto, e me, qui adesso, ci siano delle distanze che io non accetto di eliminare”.

Se la Pasqua è un richiamo al perdono, è questo il momento di viverlo. Infatti quella di creare steccati tra noi e Lui è un’arte che, purtroppo, portiamo in noi per il peccato. Chi può dire che tra sé e il Signore non ci siano ostacoli? Non siamo qui per fare dichiarazioni eroiche, ma umili: “Signore, ti vogliamo accettare, perché Tu sei di nuovo vivo e hai voluto tornare tra noi. Non ci basta credere vagamente in te, respingiamo questa fede nebulosa, vogliamo essere vivi di te. Quando Tu ci dirai: – Fate così! -, noi lo faremo, pur sapendo che ubbidirti senza fatica non è possibile”. Se vogliamo essere generosi, buoni, umili, casti, poveri, secondo il Signore, tutto questo fa male sulle prime, e noi, per paura, spesso ci tiriamo indietro. Se, però, nello Spirito di fortezza che ci dà Gesù, saremo capaci di fidarci, ci accorgeremo che è stupendamente bello essere cristiani e finalmente conosceremo la sottile felicità che soltanto un Risorto sa darci in mezzo alle mille malinconie.

Come desidero che, qualunque sia la vostra situazione esistenziale, voi possiate conoscere questa  gioia di essere del Signore, e che essa vi conforti, vi consoli, vi sorregga, vi dia serenità per voi e per gli altri!

Per questo, concludo suggerendovi di considerare l’importanza della seconda Lettura e di accogliere l’invito di Paolo: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù…pensate alle cose di lassù”. Se siete risorti con Cristo, avete in voi la vita di Uno che ha già superato la morte; se credete, se sperate, se amate, è grazie a questo. È Cristo che vive dentro di voi, perché lo accettate come pane. Ma fate il conto dei minuti della vostra giornata, e chiedetevi quanti di essi dedicate a pensare alle cose di lassù. Voi, uomini e donne intelligenti, che avete la capacità di riflettere, di fare i vostri calcoli, sapete dare dieci, quindici, trenta minuti della giornata a meditare sulle cose che sono più vostre, perché sono quelle della Vita? Se non si arriva a questi comportamenti pratici, si vanifica l’impegno e ci si ferma alle parole.

Oggi, dunque, diciamo grazie a Gesù e gli promettiamo: “Conta su di noi. Sappiamo che la tua Risurrezione non varrebbe nulla se non ci fosse anche la nostra. Tocca a noi, in un mondo difficile, vivere da risorti. Torneremo su queste pagine della Scrittura, penseremo a te qualche volta, Signore, cambieremo in qualche cosa”. Facciamo una Pasqua firmata da noi, libera, piena di consenso, seria, da adulti, decidiamo insieme, nel segreto del cuore, in che cosa saremo più secondo Gesù Risorto. Sia questa l’offerta vera che portiamo all’altare, oltre a quelle molto più semplici e simboliche del pane e del vino, così che oggi questa Pasqua abbia luce agli occhi di Dio.

Don Giuseppe Pollano